I canali della comunicazione sono tre:
Comunichiamo con gli altri prevalentemente attraverso il linguaggio non verbale e ci esprimiamo in piccolissima parte attraverso le parole.
E’ possibile intuire cosa si stanno dicendo due persone osservandole da lontano e senza sentire una loro parola; quelli che parlano sono i loro corpi, attraverso il movimento delle mani, la postura, le espressioni dei volti e degli occhi. Solo dalla distanza che c’è tra loro si riesce a comprendere se la conversazione è armonica o conflittuale, se la relazione è intima o staccata.
Un dialogo tra colleghi si presenta e si “muove” in maniera molto diversa che tra amanti.
Basta uno sguardo per capire se una persona è felice, triste, in ansia o tranquilla.
Tenendo conto che il linguaggio del corpo non è una scienza esatta, è anche vero che falsificarlo è pressochè impossibile: possiamo calibrare le parole ma non riusciamo a fingere ad oltranza uno stato d’animo.
Essere consapevoli della portata comunicativa del corpo, permette di comprendere l’importanza del suo linguaggio e di usarlo per migliorare le relazioni.
Si aumentano le possibilità di raggiungere obiettivi comunicativi se, ad un certo specifico messaggio verbale, si abbinano adeguate espressioni non verbali che avvalorano ed esaltano il messaggio racchiuso nelle parole.
Allo stesso modo, saper leggere le espressioni non verbali degli altri, permette di raccogliere informazioni sul nostro interlocutore, sui suoi obiettivi e rimodulare le risposte in maniera più pertinente e mirata.
LE PAROLE COMUNICANO INFORMAZIONI
IL CORPO ESPRIME SENTIMENTI ED EMOZIONI
Attraverso il corpo esprimiamo costantemente agli altri tutto il nostro sentire più profondo senza nemmeno accorgercene.
Il linguaggio non verbale, infatti, è il canale di comunicazione più affidale di sentimenti, emozioni e atteggiamenti.
Le parole comunicano informazioni, mentre il corpo esprime gli stati d’animo e i veri sentimenti, più di quanto noi stessi vorremmo.
Capita, purtroppo, di mancare di coerenza tra le parole pronunciate e i messaggi non verbali espressi dal corpo.
Questo suscita inevitabilmente nell’altro dubbio e sfiducia.
La non corrispondenza dei messaggi verbali e non verbali è effettivamente motivo di molte incompensioni e conflitti.
Qual’è la causa di questa incoerenza comunicativa? Spesso si tratta solo di cattive abitudini comportamentali che trasmettono all’interlocutore, specie quando non ci conosce, un’impressione diversa da quella che vorremmo comunicare.
Sospiri impropri durante una conversazione, chiudere spesso gli occhi, portare la mano alla bocca mentre si parla, sono solo alcuni esempi di comportamenti poco significativi per chi li attua, ma che alterano completamente il senso di ciò che stiamo dicendo.
Facciamo attenzione!
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COMUNICAZIONE EMPATICA: PAROLE CHE CREANO LA REALTA’ >>
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La Comunicazione Empatica è non solo possibile, ma auspicabile; un obiettivo cui giungere partendo dalla conoscenza del punto in cui siamo in termini di utilizzo del linguaggio.
Il potenziale conflittuale insito nel linguaggio corrente è evidente; è sufficiente accendere la tv per avvertire una sottile tensione dietro ogni parola. Questo senza nemmeno passare per i talk show, che usano strategicamente il conflitto per incuriosire il pubblico.
D’altro canto, siamo cresciuti in ambienti in cui il conflitto verbale, e non solo, era “normale”. A scuola, in famiglia, tra coetanei…era così una volta… Oggi, probabilmente, è peggio perchè ci siamo abituati e stiamo tramandando alle nuove generazioni i comporamenti conflittuali facendoli passare per caratteristiche di forza.
Per tutta una serie di dinamiche sociali e psicologiche, questo tempo evidenzia trasformazioni notevoli del quadro relazionale interpersonale, ragione per cui le situazioni conflittuali sono sempre più acute e difficili.
E che dire dell’esperienza che stiamo facendo da poco più di un anno? Isolati, separati, “pericolosi” gli uni per gli altri. Il fatto di non poter vedere i volti delle persone, ci priva di buona parte della comunicazione “non verbale”; diventa, quindi, ancora più complesso cogliere l’ampiezza delle sfumature di significato che hanno le parole che vengono dette.
Secondo Marshall Rosenberg, fondatore del movimento di Comunicazione Nonviolenta (anche detta Comunicazione Empatica), le parole e il modo in cui le usiamo sono fondamentali per creare connessioni empatiche in noi stessi e con gli altri.
Per Rosenberg (…e non solo) nasciamo tutti “naturalmente empatici”; le strategie conflittuali le acquisiamo nel tempo, giorno dopo giorno, apprendendole dalla vita, con le esperienze, anche per effetto di una cultura che insegna il conflitto e, soprattutto, per la mancanza di educazione alla manifestazione del proprio bisogno.
Il metodo di Rosenberg si fonda su questi tre aspetti:
Partendo da questi tre presupposti, è possibile comunicare da un punto di equilibrio in cui sincerità, autenticità, assertività sono qualità che trovano collocazione; diventa, così, naturale esprimere i propri stati d’animo, i propri bisogni e le emozioni che li nutrono.
Passare da noi e dalla libertà di esprimere verbalmente nel modo corretto il nostro “sentire”, ha l’effetto di chiarirci che gli altri sono dominati dagli stessi meccanismi, hanno stati d’animo e bisogni propri.
Cessano, così, la critica e il giudizio così come il conseguente bisogno di aggredire o insultare i nostri interlocutori…
Un obiettivo ambizioso, ma raggiungibile!
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