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Archivio mensile Maggio 2020

La vita nel ‘dopo coronavirus’: fluire nella ricerca della felicità

Le passwords: fluire, flessibilità, ricercare la felicità, gratitudine

Spesso le proposte formative o i persorsi di conoscenza di sè e dei propri meccanismi energetici che il Centro Sudi del Benessere Evolutivo propone nascono da condivisioni vivaci di vita vera; si tratta di chiacchierate dense di passione e piacere di esplorare prima noi stessi e, di conseguenza, l’Essere Umano in generale.

Ci piace partire dal quotidiano, dalla vita di tutti i giorni nella quale si manifestano le aree di esperienza in cui ciascuno trova occasioni di comprensione di sè.

Come sarà la nostra vita nel ‘dopo coronavirus’?

Questo momento storico è particolarmente ricco di spunti e la domanda che io e Stefano Gibertoni, docente del Centro Studi del Benessere Evolutivo, ci siamo posti durante una recente ‘chiacchierata energetica’ è: come sarà la nostra vita nel ‘dopo coronavirus’…?

E abbiamo deciso di video riprendere un nostro scambio di opinioni.

Ci è venuta voglia di allargare ad altri la nostra condivisione, anche fiduciosi del potenziale simbolico della lettura energetica dei fatti. Oggi disporre di lenti d’ingrandimento che permettano di leggere anche tra le righe nel mare magnum di informazioni che ci arrivano, è più che mai necessario.

E’ naturale che ogni idea, sensazione e pensiero di ciascuno poggi anche sulla sua storia personale, fatta di valori, educazione, cultura, formazione e identità professionale.

Le nostre ipotesi, quindi, sono intrise di noi, di ciò che siamo e di come ci muoviamo nella vita e ci piace leggere i fatti attraverso la lente della psicoenergetica integrale di cui siamo interpreti, oltre che sostenitori.

Prima di lasciarvi alla visione del video, desideriamo condividere con voi anche un testo che ho scritto molto tempo fa e che ho ritrovato al termine della registrazione dell’intervista a Stefano, sollecitata da una parola arrivata chiacchierando con lui: FLUIRE

Una delle strategie migliori per affrontare meglio la famosa ‘fase 2′ (…e forse anche le successive…’) è fluire. Potrebbe sembrare un atteggiamento passivo, ma non lo è affatto…

Fluire

‘Fluire non è abbandonarsi alla corrente.

Fluire è approfittare della forza, della velocità e della potenza della corrente ed esprimere le nostre idee, compiere i nostri passi portati gratuitamente dalla corrente stessa.

Fluire significa non sprecare energie, non entrare nello sforzo.

Ogni volta che agisco per ‘principio’ o per ‘dimostrare che…’, esco dal flusso e mi muovo solo con le mie forze, sprecandole per nuotare in direzione diversa del flusso; alla fine mi restano ben poche energie per arrivare al mio originario obiettivo.

Il ‘giusto sforzo per ottenere l’intento è il gesto intenzionale; è l’azione che compio nel flusso di corrente per raggiungere quel determinato punto della riva, non uno a caso.

Se mi abbandono passivamente al flusso c’è la possibilità che io mi infranga rovinosamente su uno scoglio, o che venga scaraventata giù da una rapida o, ancora, ingoiata da un vortice.

Posso decidere di abbandonarmi al flusso nel mare calmo, per il gusto e nella fiducia di lasciarmi condurre per un pezzo sicuro e per riposare.

E’ un gesto intenzionale, scelto da me, espressione della mia volontà di autodeterminazione.

Fluire non è un’azione passiva.

E’ organizzata e verificata istante dopo istante.

Il mio scegliere un gesto piuttosto che un altro è il libero arbitrio espressione di me che mi rende unica.’

Barbara Moschetti

In molti ci hanno condiviso che, durante questi mesi di vita completamente stravolta, hanno fatto anche esperienze nutrienti, rimodulando le proprie giornate secondo ritmi nuovi e stravolgendo, spesso in meglio, le vecchie abitudini.

Alla luce di tutto ciò, al termine del video, con Stefano abbiamo lanciato una proposta di interazione: ci piacerebbe ci condivideste 3 scoperte positive (con tutte le valenze simbolico/energetiche di questo numero, come spiega Stefano nell’intervista) che avete colto durante il lock down e che vi piacerebbe portare con voi stabili e forti alla ripresa. Potete inserire le vostre condivisioni nell’area in fondo all’articolo ‘Lascia una risposta’.

Comincio io: vorrei portarmi nella fase 2 – 3 – 4… il tempo dilatato, la sensazione di non perderlo se scrivo per il piacere di farlo, il silenzio, il profumo e i colori della Natura rinata, la voglia di fare yoga tutti i giorni …ooopppsss…ho già superato il 3…

Tocca a voi ora.

Potrebbe interessarti leggere l’articolo ‘Gestione delle emozioni in tempo di crisi’

La gestione delle emozioni in tempo di crisi

La crisi che apre alla Consapevolezza

Partendo dal presupposto che, alla fine dell’emergenza, il mondo non sarà più come prima, quella che stiamo vivendo in questi giorni è indubbiamente una grande prova.

La sfida del momento non tocca soltanto il nostro sistema immunitario, tema che abbiamo già esplorato dal punto di vista biologico/energetico, ma coinvolge tutta la nostra comprensione e la nostra stabilità emotiva.

L’emozione prevalente in un periodo di crisi come questo è la paura, come abbiamo già detto nell’articolo ‘Paura: la risposta naturale al pericolo‘.

Paura ed angoscia sono pessime consigliere e talvolta ci portano a reazioni involontarie, quasi sempre irrazionali e inefficaci per gestire e risolvere le situazioni contingenti.

Come reagiamo alla paura?

Le persone impaurite reagiscono tipicamente così:

  • esplodono in una reazione rabbiosa, con relativa perdita della lucidità mentale e del controllo di sé, scagliandosi contro tutto ciò che rappresenta una minaccia o cercando il colpevole nel mondo esterno;
  • le persone che hanno poca confidenza con le loro sensazioni, particolarmente quelle di rabbia e paura, spesso reagiscono proteggendosi, chiudendosi in sé stesse in una forma di congelamento emozionale, scadendo spesso nel vittimismo;
  • altre ancora, per non sentire il disagio emotivo, intellettualizzano, ovvero si spostano nell’iper-razionalità, tipica di chi insegue tutte le spiegazioni scientifiche, ma anche di chi indulge ossessivamente nei pensieri (e nella paura) del complottismo;
  • altre negano, o si rifugiano in un pensiero eccessivamente positivo o fatalista, perdendo così di vista la propria responsabilità di stare intenzionalmente con quello che la situazione presenta per divenirne sempre più consapevoli.

“Tutto ciò a cui ti opponi permane e si amplifica, tutto ciò che ti permetti di far emergere si manifesta e si dissolve”.

Come trasformare il disagio?

Il nostro obiettivo non è quello di essere senza emozioni o di controllarle per soffocarle e sopprimerne la manifestazione, ma quello di permetterci di sentirle, di osservarle, di riconoscerle e dare loro un nome.

In questo modo oggettiviamo l’emozione e riusciamo a ridimensionarla e integrarla.

Come trasformare, allora, i momenti di disagio emotivo, anche quelli che stiamo vivendo in questi giorni, in occasioni di consapevolezza, crescita interiore e maggior serenità?

Premessa fondamentale è accogliere con amorevolezza noi stessi, i nostri cari, il nostro smarrimento, le reazioni emotive intense, comportamenti esagerati compresi. 

L’accoglienza di noi e di ciò che c’è di noi, anche nella risposta emotiva, apre ad un processo di auto-osservazione importante, una possibilità di ‘educarci’ a riconoscere le nostre modalità di reazione e a comprenderne le dinamiche.

PASSI VERSO LA CONSAPEVOLEZZA

Quello che ci sfugge spesso è il tempo dell’ascolto di ciò che suscita in noi un’esperienza; un tempo dal quale possono sorgere informazioni utili di noi, dei nostri meccanismi di reazione, come abbiamo visto, ma anche di chi siamo, di come ci muoviamo nel mondo e con quali abiti.

In questo tempo dilatato, potremmo provare a fermarci di fronte ad un fatto attivante e non scappare subito alla ricerca di un colpevole esterno e di soluzioni immediate. Possiamo fare un piccolo passo indietro e, con l’intenzione di scoprire tutto ciò che può esserci utile dell’esperienza stessa, farci delle semplici domande:

COSA STA SUCCEDENDO?

Entriamo nell’osservazione del fatto, diamo un nome alla situazione che sta accadendo. Si tratta di una descrizione il più possibile oggettiva della situazione nuda e cruda, così come si presente:

  • non ho fatto scorta di qualche cosa che mi serve ora…
  • I bambini sono troppo nervosi e fanno i capricci…
  • Il mio compagno/a non mi dedica l’attenzione che vorrei…

CHE COSA SENTO?

Entrando un pochino più dentro di noi, permettiamoci di sentire il nostro stato d’animo conseguente e riconosciamo l’emozione prevalente: rabbia, tristezza, paura, frustrazione, impotenza… Nel riconoscerla la lasciamo essere, senza giudizio e apriamo alla sua trasformazione che si traduce subito in un cambio di percezione della sua intensità.

DI CHE COSA HO PAURA, CHE COSA TEMO?

Ciò che spesso è alla base delle nostre reazioni emotive più forti è la paura; lo sforzo maggiore è proprio quello di riconoscere quale conseguenza temiamo si manifesti dalla situazione che ha provocato l’attivazione emotiva.

Possiamo temere una conseguenza pratica: in questo caso, quindi, nella relazione di ‘causa ed effetto’ se ‘non ho fatto la spesa – temo che manchi in casa qualcosa di necessario’.

Possiamo diversamente temere una conseguenza interiore: in questa seconda ipotesi l’emozione ha origini più profonde e deriva da un’interpretazione personale del fatto, filtrato da una percezione interiore del valore di sè.

In tal caso il fatto ‘non ho fatto la spesa’ poggia sul ‘temo che il mio compagno/a pensi, dica che non tengo abbastanza alla famiglia, che non sono un genitore premuroso…e, quindi, mi giudichi, rifiuti, umili…

E’ frequente che timore pratico e interiore vadano assieme: l’aspetto pratico è il ‘gancio’ che ci permette di scovare un’intima percezione negativa di noi di cui non ci rendiamo conto.

Quale pensiero di noi ha scatenato la reazione emotiva? E da dove ha origine? E perchè ci credo così tanto da esserne spesso condizionata?

Non vi è un solo pensiero condizionante, ma tante ‘etichette‘, ovvero giudizi raccolti nel tempo dall’ambiente familiare, dalla scuola, nella società e a cui continuiamo a credere senza nemmeno rendercene conto.

Sono filtri attraverso i quali percepiamo i fatti in maniera costantemente alterata e reagiamo secondo un punto di vista personalissimo, convinti di essere oggettivi.

Non sono reali e derivano da errate percezioni di noi che si sono formate probabilmente quando eravamo molto piccoli e ancora molto dipendenti dal riconoscimento e dal sostentamento esterno.

In conseguenza a ciò capita che si sia portati ad interpretare i fatti della vita attraverso una lente percettiva molto condizionata. In realtà l’esperienza presente è un’opportunità meravigliosa di rivedere tutto con occhi e strumenti diversi, quindi, di ridimensionare tutto lo scenario e togliere l’etichetta di giudizio.

Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data; cioé vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano.
(Luigi Pirandello
)

Nel video seguente Alberto Mantovani prosegue l’approfondimento iniziato nell’articolo ‘Paura: la risposta naturale al pericolo‘ puntando l’attenzione sull’opportunità di crescita che ogni crisi rappresenta per l’Uomo.


Concludiamo indicandovi un video ispirante che ci è stato suggerito da Alberto Mantovani e Stefania Muraro, co-direttori didattici di Accademia dell’Essere e del Centro Studi del Benessere Evolutivo Integrale:

Buona visione